martedì 6 aprile 2010

Ru486, Avvenire fabbrica record aborti in Puglia

La notizia. La prima Ru486 sarà somministrata presso il Policlinico di Bari. A partire dalle prossime 24 ore. La donna che sarà trattata in regime di ricovero, piuttosto che il trattamento chirurgico, ha scelto in accordo con il medico di ricorrere al farmaco. E sono dieci le richieste di interruzione di gravidanza con il ricorso alla pillola abortiva che verranno messe in pratica nel nosocomio pugliese secondo il protocollo ufficiale di attuazione della legge 194.

La versione di Avvenire. Scrive Viviana Daloiso: “Sarà Bari, la città capofila della Ru486. Nella Puglia del record di aborti (318 su 1.000 nati, contro i 241 della media nazionale), là dove la corsa all’interruzione di gravidanza vede come protagoniste soprattutto le minorenni e dove appena l’11% delle donne si rivolge a un consultorio prima della decisione di rinunciare al proprio bambino, già la prossima settimana arriveranno le prime confezioni del farmaco. Ci sarebbe già una lista di donne pronte a farne uso: dieci, sembra, che hanno già inoltrato richiesta alla prima Clinica Ostetrica del Policlinico. A dire che i timori più volte espressi circa la possibilità che il farmaco favorisse la pratica dell’aborto – se non addirittura la incrementasse – non erano infondati”.
Il titolo dell’articolo pubblicato il 4 aprile da Avvenire rivelava in sé già una consapevole e cattiva informazione: “La Ru486 parte dalla Puglia? Qui già c’è il record di aborti”. Due precisazioni giornalistiche dovute a noi stesse: è vero che la somministrazione della pillola abortiva è prevista per domani nella clinica ostetrica del Policlinico barese. Non esiste nessuna conferma del record di aborti della regione rispetto al resto d’Italia.
Il medico intervistato dalla giornalista del quotidiano della Cei (con evidente consapevolezza) fa un ulteriore cattivo servizio all’informazione quando dice: «Si teme che per evitare il ricovero le donne possano utilizzare la "scappatoia" delle dimissioni volontarie – spiega il direttore del Dipartimento materno-infantile dell’ospedale di Venere di Bari, Filippo Boscia –. In quel caso chi risponderà, nel caso di complicazioni post-abortive, saranno gli stessi medici che hanno prescritto il farmaco».
Già le complicazioni della Ru486. E' qui che la giornalista vuole affondare il colpo di grazia contro la Puglia, contro le donne che abortiscono e contro i medici che fanno il loro dovere durante le interruzioni di gravidanza come previsto dalla legge 194. E ci riesce con l’aiuto dello stesso medico: «Ho seguito personalmente il caso di una 24enne di Bari che aveva preso parte alla sperimentazione della Ru486 – continua Boscia –. Si era rivolta a me per le gravi emorragie che, anche a mesi di distanza dall’aborto, non cessavano. Un decorso traumatico che l’aveva sconvolta, e non solo fisicamente. Aveva espulso il feto nel bagno di casa sua, e mi raccontò di essere svenuta per quella visione». Chi è in cattiva fede il medico o la giornalista? Tutti e due, evidentemente.
Il dottor B. giustifica il racconto di “un caso” non “facile” affermando: «Questa promessa può essere addirittura devastante in una regione come la nostra – dice Boscia –, dove così tante minorenni ricorrono all’interruzione di gravidanza e dove, oltre ai consultori, manca drammaticamente la presenza di servizi di accompagnamento psicologico nelle cliniche». Questi servizi, avverte la giornalista, “dovrebbero aiutare le donne nella loro difficile scelta, scongiurarne l’esito, comprenderne le cause e prevenire l’aborto”: «Ma la Regione, invece che muoversi su questo fronte – conclude Boscia – sceglie subito la Ru486».


L’altra verità Pugliese. Tutti obiettori i medici nelle strutture pubbliche sanitarie tarantine. La notizia è comparsa nello steso giorno in cui l’Avvenire pubblicava l’articolo volutamente mistificatorio sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Scrive infatti Maria Rosa Gigante il 4 aprile: “Per poter garantire, infatti, l’applicazione della 194 per l’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr) almeno per una seduta settimanale al SS. Annunziata ed almeno nei casi più gravi, quando ad esempio viene diagnosticata una malformazione del feto, l’Asl fa infatti ricorso ad un medico in “prestito” da una struttura privata accreditata dove è altrettanto possibile praticare l’interruzione di gravidanza in regime di convenzione. E’ la realtà a Taranto da alcuni anni ormai e che renderà altrettanto difficile l’attuazione dell’altra legge entrata in vigore dallo scorso primo aprile e che consente alle donne l’uso della pilolla abortiva, la Ru486. Ci si scontra sul terreno ideologico e politico, intanto. Ma c’è - almeno in alcune realtà – questa difficoltà di base legata appunto alla carenza sino alla quasi totale assenza di medici non obiettori”.

Ru486 ordini cattolici. Già. Proprio così. Le farmacie degli ospedali di “ispirazione cattolica” hanno già fatto gli ordini per non trovarsi impreparati alle richieste delle donne a partire da domani. Tanto che il distributore sul territorio nazionale della pillola abortiva, la Nordic Pharma Italia, lo scorso primo aprile, era già stato contattato da ben cinque strutture della Lombardia con “radici cristiane” tra le quali il Fatebenefratelli e il San Carlo Borromeo (tanto caro alla Lega) di Milano.

Non tappiamoci la bocca. Smascheriamo l’imbroglio. E pensare che la legge 194 venne firmata da due democristiani doc quali Giulio Andreotti e Tina Anselmi. Firmarono è ovvio per rispetto della volontà popolare, quel voto referendario che disse NO all’abrogazione della 194. Oggi l'invito del Vaticano a boicottale la Ru 486 suona come una sorta di rivincita proprio su quel referendum. Ma la lega non è la Dc. Soprattutto in questo momento la Lega deve fare da contro-altare alla componente "finiana" dichiaratamente laica all'interno del Pdl. Il Carroccio ha “semplicemente” bisogno di fare patti con il mondo cattolico - come ricorda Monica Lanfranco su il Paese delle donne – soprattutto dopo la frattura che si è creata tra le camice verdi e i pastori della Caritas sulla questione immigrazione e razzismo a partire dalla cacciata dei Rom da parte dei sindaci leghisti. Ma vescovi e leghisti non fanno fatica a trovare un punto di incontro sul “corpo delle donne”. Nel nome di una santa alleanza tra patriarcato e fondamentalismo religioso.
Ed ha ragione Natalia Aspesi quando ricorda: la morte della Ru486, potrebbe anche preludere a una revisione della legge 194 (non potrebbe, ma avverrà ndr). Ci sono ministri mistici o governatori tutto casa e chiesa che si svegliano pensando ai feti, e giù lacrime, e già si armano per mettere definitivamente le donne al tappeto con una legge che renda una interruzione legale più difficile che un Nobel al pensoso erede Bossi.


Ps. Mi conforta, ci deve confortare, l’immediata risposta delle donne ai neogovernatori leghisti Roberto Cota e Luca Zaia che hanno lanciato l’offensiva contro la pillola abortiva (per fare poi un apparente passo indietro, visto che le camicie verdi il 4 aprile hanno manifestato a Mantova contro la Ru486). Ma non basta. Piazziamoci a Torino. Le associazioni come Telefono rosa e Usciamo dal silenzio lanciano la manifestazione, il 25 aprile per difendere la libertà di scelta.


Per info:

4 commenti:

  1. Le donne che vogliono abortire, come quelle che vogliono praticare la fecondazione, vanno dove lo si può fare e vengono meno ostacolate da mille impedimenti che sembrano fatti apposta per dissuadere la donna. Con le lobby cattoliche che si mettono contro tutti i medici abortisti che vogliono fare carriera, come potrebbe fare facilmente carriera un medico che invece di fare la volontà di un qualche dio pensa sia bene fare innanzitutto quella di una donna che la esprime chiaramente? Converrebbe molto di più adattarsi all'ipocrisia della morale cattolica e dichiararsi antiabortisti per fare aborti privati facendosi pagare profumatamente.
    Ma hai mai sentito il Papa o un vescovo qualsiasi che dicesse qualcosa contro questo genere di medici? Ovviamente no, perché deve tenerseli buoni, e poi molti sono anche membri influenti di Comunione e Liberazione, la potentissima setta di crociati armata di quotidiani, legulei e scranni parlamentari, nonché di un capitale non indifferente.

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  2. Certo è difficile in Italia per un medico abortista fare carriera in un mercato ad alta “ispirazione cattolica” che controlla il sistema sanitario nazionale. Le bocche cucite però fanno più danni che carriera. Quello che m'imbarazza e preoccupa allo stesso tempo è che nel 2010 i medici “abortisti” che poi sono quelli che fanno il loro dovere, come legge comanda, continuano a starsene zitti. Tranne alcuni casi, come quello del radicale Silvio Viale, troppo spesso messo sotto accusa per la sperimentazione della Ru486 al Sant’Anna di Torino. Continuare a lasciare il campo libero ai racconti e alla mistificazione dei medici non abortisti non fa un bel servizio all’informazione ma neanche alla salute della donna. C’è un clima di restaurazione medievale che sta creando un tappo pericoloso ai diritti delle persone. Penso anche alla scuola, al suo progressivo smantellamento a favore degli istituti privati e cattolici. L’ingerenza del Vaticano negli affari di Stato grazie a governi compiacenti pesa sui diritti quotidiani di tutti noi, dai bambini alle donne… E anche i medici in linea con la legge 194 lo sanno.

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  3. A me è capitato di vedermi negati pure i profilattici in una farmacia... Il punto è che dovrebbero chiedersi piuttosto come mai tutte 'ste minorenni finiscono incinte. Ma quando gli proponi di fare corsi di informazione sessuale a scuola, ecco altre levate di scudi. Loro non vogliono - non dico cercare di risolvere il problema - ma nemmeno migliorare la situazione. Viaggiano a testa bassa inseguendo i loro dogmi medievali. Gli serve per affermare e mantenere il loro potere sulle persone. Quindi, se proprio devi abortire, almeno fallo con dolore e umiliazione. Così ti servirà anche da penitenza.

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  4. Viviamo il paradosso di un parlamento e di un governo, dai Patti lateranensi in poi, costretti a subire la pressione ufficiale e ufficiosa delle gerarchie ecclesiastiche. Il caso più famoso è il ritiro degli opuscoli anti-Aids da parte del ministro Rosa Russo Jervolino. Anno scolastico 1992/93 e i fumetti di Lupo Alberto educavano all’uso necessario della contraccezione in una consapevole pratica sessuale. Ma Jervolino giudicò i testi pericolosi per le troppo giovani menti a cui erano destinati. Dico Jervolino, Pd. Mica Cota crociato leghista. Rosa Russo Jervolino, mica Paola Binetti, passionaria teodem.

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