lunedì 20 giugno 2011

Sinistra a lezione da Concita, malgrado lei

Concita lascia l’Unità. O meglio l’Unità lascia Concita De Gregorio. O ancora, meglio, il Pd di Pierluigi Bersani congeda la direttora che frena il vento riformista pronto a spazzare via anche le briciole rimaste sul tavolo delle alleanze che si sono consumate nel piatto unico delle amministrative, quelle (per i distratti ancora ebbri dei risultati elettorali e referendari) con la società civile, i movimenti e la Sinistra. Per dirla tutta la direzione De Gregorio non m’ha fatto impazzire, però ha avuto il pregio di riaprire il dibattito su alcuni temi sociali che altri giornali di Sinistra non hanno avuto la forza o la costanza di seguire. Anche perché oggi la stampa quotidiana di Sinistra non gode di autorevolezza e tanto meno di visibilità, tanto per fare nomi: Liberazione e Manifesto sono in crisi di identità e non solo per una difficoltà economica che li morde alla gola ma per  una debolezza di linea editoriale legata evidentemente allo status delle rispettive direzioni. Ritengo, dunque, nonostante le distanze culturali e politiche che mi dividono dalle scelte e dalla narrazione del mondo firmata De Gregorio che la sua direzione all’Unità sia stata coraggiosa. Soprattutto più a sinistra della linea di Bersani. E questo lo sa bene anche l’attuale editore del quotidiano del Pd, Renato Soru. Quando, infatti, si parla di un giornale politico i risultati in termini di vendite contano relativamente. Le accuse di performance poco lusinghiere sono, in realtà, la giustificazione "principe" per l'avvicendamento di direttori non graditi alle segreterie dei partiti. Ed è altrettanto inverosimile far passare la cacciata di Concita come una non-riconferma del suo contratto in scadenza il prossimo 30 giugno. A questo punto è quanto mai necessario (prima che il Pd di Bersani sacrifichi l’istituto delle Primarie in nome della "governabilità con il centrodestra" e di ciò incarichi il prossimo direttore dell’Unità) che la Sinistra si guardi negli occhi e apra la questione stampa e propaganda di partito.


Compagne e compagni siamo imbavagliati. E non per colpa della censura praticata dal governo di Silvio Berlusconi ma per una incapacità della Sinistra di delegare la gestione della stampa a teste pensanti e autonome dalle tessere di partito e dalle segreterie. Ergo, oggi, gli editori dei giornali politici della Sinistra, siano essi nella forma partito, collettivo o azienda non sono in grado di sostenere strumenti che soddisfano la forte richiesta di identità del variegato popolo delle Primarie. Tant’è che la scelta della direzione dell’Unità come anche quella di Liberazione e paradossalmente del Manifesto non risponde a logiche di democrazia partecipata (checché ne dicano i superstiti del collettivo di via Tomacelli costretti a sperimentare condirezioni e rotazioni per non avere il coraggio di scegliere). A Sinistra è tempo di scelte, dunque, di Primarie anche per i direttori dei quotidiani di partito e assimilati.  Ma ci vuole coraggio. Altrimenti ci meritiamo per il 2013 la proiezione a reti unificate di un film già visto: il ritorno di Prodi e della privatizzazione della democrazia. Se Bersani è riuscito a rendermi “simpatica” Concita De Gregorio significa che la situazione è grave ma non siamo ancora morti. Alziamo la testa, però. Magari con uno sciopero dei lettori della stampa e propaganda di Sinistra, tanto per cominciare. Basta mettersi d’accordo.

lunedì 6 giugno 2011

Casini nella testa di Bersani

Il rifiuto della sinistra. C’è un fatto che nessuno può mettere in discussione a sinistra: le Primarie. Giuliano Pisapia a Milano e Luigi De Magistris a Napoli ma anche Massimo Zedda a Cagliari non esisterebbero nella loro “neoveste” di sindaco senza le Primarie. Eppure il capo del più grande partito a sinistra non ne vuol sentire più parlare. Proprio lui, il prode Pierluigi Bersani: "pure se oggi mi sento più forte, prima viene il progetto, poi l’alleanza e solo poi le primarie". Ed è così che dopo aver incassato seggi alle amministrative che si sono concluse il 30 maggio scorso grazie all'unione della sinistra (da quella riformista a quella radicale) Bersani è tornato a ripudiarla in grande stile ed a poche ore dalla direzione nazionale del partito di cui si dice ancora segretario (pardon, lo è ancora nei fatti). Niet primarie. Niet sinistra. Meglio il centro di Pierferdinando Casini (e a seguire la destra di Gianfranco Fini). Proprio così un Pd lanciato verso il Terzo Polo è l'unico che Bersani riesce ancora ad immaginare. Nonostante Milano, Napoli e Cagliari. Il resto è optional. Un colpo al cuore dell’elettorato di sinistra, un colpo alla tempia alla stessa sinistra e questo soltanto ad una settimana da quel voto che ha sancito la sconfitta politica del Pdl e del suo leader maximo Silvio Berlusconi ma anche di quella stessa invenzione che va sotto il nome di Terzo Polo messa in campo, come "air bag" sensibile alle collisioni tra destra e sinistra, dal prezzolato Casini.


L'inganno della mescolanza. Pierluigi Bersani è tornato a ipotizzare un'apertura al Terzo Polo in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera : "Oggi siamo la forza centrale nella costruzione di un'alternativa, al servizio di un centrosinistra che si apre a tutte quelle forze che pensano di andare oltre Berlusconi". Ed è parlando poi del voto delle amministrative che il segretario del Pd sottolinea come "gli elettorati di sinistra e centristi si siano già ampiamente mescolati nei ballottaggi". Ma dove? A Macerata! Proprio così, a Macerata. Dove nella corsa all'elezione del presidente della provincia l’alleanza Pd-Udc-Api-Idv ha spaccato la sinistra. A Macerata dunque! A Macerata! Per il Pd di Bersani e D'Alema conta più il piccolo laboratorio della provincia marchigiana che la grande fabbrica di Milano. Perbacco! Come si fa ad ignorare un voto importate come quello che ha sconfitto Letizia Moratti e con lei Silvio Berlusconi? Come si fa ad ignorare quella indiscussa platea elettorale che a Milano è tornata a chiedere una identità forte e certa a sinistra? Appunto. Come si fa? Soprattutto avendo ben chiaro che il "laboratorio" Macerata, tanto voluto e spinto da Massimo D'Alema, ha soltanto dimostrato che nella disperazione si può votare anche un uomo dell'Udc, in questo caso Tonino Pettinari. E se è vero che Pettinari ha vinto con i voti della sinistra alleanza di Bersani-Casini è altrettanto vero che i centristi di Macerata hanno disertato le urne e preferito guardare oltre quella strana coppia (tanto quanto Bersani nei già noti manifesti dalla scritta azzurrina ). Pisapia al contrario, ha convinto anche gli elettori del centro, dimostrando che si può fare a meno di Casini e Fini. Dunque, voi uomini e donne del Pd, che oggi sarete nelle stanze della direzione al Nazareno, fatevi una semplice domanda: perché? Ve ne saremo grati, vi sarò grata, della “resa pubblica” almeno della sintesi dell'eventuale risposta (sempre che riusciate a trovarla).