mercoledì 14 aprile 2010

Con Emergency, niente da nascondere


Niente da Kabul. A cinque giorni dal fermo, dei tre volontari di Emergency non si sa ancora nulla. "In questo momento - spiega Cecilia Strada, presidente dell'ong - ci sono tre famiglie, centinaia di colleghi e un'intera organizzazione in ansia perché sabato mattina eravamo al telefono con i nostri operatori a parlare di lavoro e il pomeriggio è calato il buio. Siamo tuttora nel buio". In attesa che l'audizione del ministro italiano degli Esteri Franco Frattini prevista oggi in Parlamento faccia un po' di chiarezza, è proprio questa mancanza d'informazioni a spazientire. E intanto sono già 200.000, in appena due giorni, le sottoscrizioni all'appello "Io sto con Emergency" che l'organizzazione di Gino Strada ha promosso sul sito www.emergency.it per sollecitare attenzione e solidarietà.
Matteo Pagani

Marco Garatti
Matteo Dell'Aira

Niente da nascondere. Per avere un’idea della montatura strumentale attorno al lavoro di Emergency basterebbe il commento di Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnom): lasciare uno scatolone "pieno d'armi" in un angolo di un ospedale in un paese dove le bombe sono vendute come le caramelle lascia pensare a "una grande trama da romanzo alla James Bond" più che al complotto ordito da medici volontari. "Tutti i governi, non solo quello italiano - conclude - dovrebbero prestare molta attenzione perchè si rischia di minare le basi di un movimento forte di solidarietà e vicinanza tra i popoli che le guerre dimenticano".


Io sto con Emergency. Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono i tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani. Emergency è indipendente e neutrale. Si legge sul sito dell'ong: dal 1999 a oggi ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 persone e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso. “Io sto con Emergency, liberi subito" è il titolo intorno al quale su facebook in poche ore si sono ritrovate migliaia di persone per manifestare il loro sostegno ai tre operatori sanitari arrestati sabato in Afghanistan. Per sabato prossimo, in piazza Navona a Roma, è stata promossa dalla stessa Emergency una manifestazione per protestare contro l’arresto di Matteo, Marco e Matteo D. (nelle foto sopra dall'alto in basso ndr).


Niente da confessare. Dopo i titoli sparati dei quotidiani di domenica che, rifacendosi a quanto scritto dal londinese Times, davano per scontata la confessione dei tre volontari, è arrivata la smentita del portavoce del governatorato di Helmand, Daoud Ahmadi che è la fonte dell'articolo firmato dal stesso giornalista britannico: Jerome Starkey. “Mi ha citato in modo sbagliato - ha dichirato Ahmadi - soprattutto per il riferimento di un legame fra gli italiani ed Al Qaeda. Tutto quello che ho da dire è quello che ho dichiarato il primo giorno, e non aggiungo altro perché le indagini sono ancora in corso". Secondo Ahmadi quindi i tre non sono legati ad Al Qaeda, non hanno confessato alcuna colpa ma "stanno collaborando, rispondendo alle domande". Contattato da Il Giornale, Ahmadi ha aggiunto che il presunto attentato "è responsabilità di alcuni individui e questo non significa che l’intero ospedale di Emergency doveva portare a termine la missione. Spero che gli italiani collaborino con noi per fare pulizia di certa gente con intenti criminali". Starkey dal canto suo ribadisce quanto scritto sul suo giornale: "Posso confermare che in due occasioni, domenica 12 aprile 2010 Daoud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, ha detto al telefono che tutti i nove arrestati avevano confessato sul loro ruolo nel complotto per uccidere il governatore Gulab Mangal. Ha fatto queste affermazioni al mio collega afghano e traduttore. Io sono rimasto abbastanza sorpreso quando ho sentito questa cosa, e ho chiesto che lo richiamassimo perché chiarisse le sue frasi. E' stato quello che ha detto nella seconda telefonata che è poi apparso nell’articolo". Per il governo centrale afgano invece ha parlato il portavoce del ministero dell’Interno Zamarai Bashary: "I tre uomini sono stati arrestati nel corso di un’operazione congiunta e adesso sono in corso gli interrogatori. Stiamo cercando di capire come queste armi siano arrivate lì".


Fascicolo in procura. Sul giallo degli arresti, la procura di Roma ha intanto aperto un fascicolo in "atti relativi", cioè senza indagati o ipotesi di reato: il procedimento è stato firmato dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti, coordinatore del pool antiterrorismo. A piazzale Clodio, comunque, si tende a escludere ogni collegamento con i sequestri del giornalista Daniele Mastrogiacomo e del free-lance Gabriele Torsello. Intanto il governo italiano prende tempo e distanze. Sarà consegnata, infatti, soltanto nelle prossime 48 ore la lettera del ministro degli Esteri Franco Frattini al presidente afgano Hamid Karzai nella quale si chiedono informazioni sui tre operatori.

La colonna infame. A chi fa paura Emergency? Al ministro Frattini? A Bruno Vespa? All’onorevole Gasparri? Alle pallottole vaganti? Alle mine anti-uomo? Al cartello italo-afhano dei mercanti di droga e armi? Alle missioni di pace? Al mercato delle missioni di pace rifinanziate automaticamente ogni sei mesi? Dimenticato qualcuno? Il Vaticano? Teme di perdere il primo posto nelle tasche dei contribuenti italiani "coattamente" abituati a versare l’obolo otto per mille? E poi c’è il mercato dei finanziamenti alle ong, e poi ci sarebbe la Croce Rossa... e la Nato? Dimentico? Dimentico? Fa paura ai servizi segreti afghani? Insomma il complotto è tratto. La colonna infamme è in movimento. I nemici di Emergency sono vivi e vegeti e lottano contro i medici che salvano vite umane a prescindere dalle tessere di partito, per dirla con Strada. Il mondo dell’associazionismo: Terre des Hommes, tra gli altri, chiede un intervento attivo della Farnesina “che ha la responsabilità di seguire tutti gli espatriati che si trovano in situazioni così delicate”. La rete della società civile italiana “Afgana” sollecita anche un intervento dell’Unione europea e chiede inoltre alla Nato di “chiarire definitivamente quale parte abbiano avuto i soldati Isaf nell’operazione e per quale motivo vi abbiano partecipato”, come dimostra un video diffuso dall’Associated Press.

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