domenica 18 aprile 2010

Con Emergency, cinquantamila persone in piazza




Sulla buona strada. C'erano cinquantamila persone vere ieri in piazza San Giovanni a Roma. Evento straordinario per quest’Italia addomesticata dalla tivvù “MediaStato”. Soprattutto considerando che si è trattato di un appuntamento organizzato in tre giorni e senza il contributo né di partiti né di sindacati. Cinquantamila persone arrivate da tutta Italia con i propri “mezzi”. Numeri veri per vere persone per una solidarietà autentica e autorganizzata verso i tre operatori di Emergency sequestrati dal governo di Kabul una settimana fa.




Liberiamoli subito. I tre italiani sono Marco Garatti, coordinatore medico del progetto di Emergency in Afghanistan, Matteo Dell'Aira, infermiere capo dell'ospedale di Lashkargah, e Matteo Pagani, logista dello stesso ospedale. Assieme a loro sono stati fermati altri sei dipendenti afgani dell'ospedale.

Contro la guerra. Non è una manifestazione contro qualcuno ma contro qualcosa: contro la guerra. “E' la protesta di chi sceglie di stare dalla parte di una organizzazione umanitaria invece che dalla parte di chi, con la violenza, chiude gli ospedali” ha spiegato Gino Strada. E se entro la fine della settimana prossima non dovessero arrivare buone notizie, Emergency, assicura, tornerà in piazza". E a chiusura della manifestazione Strada ha invitato ad appendere stracci bianchi alle finestre: “perchè non vogliamo terrorismo, violenza e guerra nel futuro dei nostri figli”.
Folla per tutti. Sul palco di Piazza San Giovanni si sono alternati in molti e in molte. Ma il discorso che mi ha toccato di più è stato quello di Diego Cugia. Un passaggio per chi non c’era (e anche per me): “Quand’ero Jack Folla una ragazza chiese d’incontrarmi prima di partire da volontaria per un Paese africano. Venne a trovarmi qui a Roma. Aveva appena 19 anni, dei sandali da frate, una gonnellina a fiori, e degli occhi così azzurri che il cielo stesso, a guardarli, si sarebbe dovuto vergognare. Stava partendo per andare a dare una mano in un ospedale dei padri comboniani. “Ma vai così, a Fiumicino, adesso, da sola?” Questa piccola infermiera fece la faccia di chi scende un momento da casa per prendere il latte. “Certo. Perché?” E’ morta di Ebola pochi mesi dopo. E in Italia lo sappiamo in tre: il suo ragazzo, sua mamma e io. Anche per questo, da allora, sono amico di Emergency. Perché stimo queste persone nate per donarsi che poi si sperdono con la polvere, in un’unione di fuoco. E non c’è estintore che tenga. Le loro vite sono grandi notizie accese eternamente che la televisione non ci dà, ma che ci colmano di senso la vita. Perché sono le loro vite che ci danno forza. A me per esempio, da’ forza che esista Gino Strada, e migliaia e migliaia di volontari di Emergency e che ci siate tutti voi, per loro, in questa piazza. Ho dunque appreso dalla televisione italiana che anche questa parola, volontario, nel loro nuovo vocabolario, è cambiata. Ho sentito un ministro, appena saputa la notizia dei tre operatori di Emergency portati via dai servizi segreti afghani (perché, secondo loro, stavano ordendo un attentato), un ministro che ha detto, qualora la notizia si fosse rivelata vera, che si sarebbe vergognato di essere italiano, laddove non si era affatto vergognato di proclamare eroe un mercenario armato fino ai denti. La novità di oggi, quindi, il nuovo sinonimo italiano, è che i volontari sono “terroristi”. I mafiosi eroi di cui vantarsi, i mercenari martiri di cui andare orgogliosi, e i volontari di Emergency terroristi di cui vergognarsi. Neanche Pulcinella l’avrebbe sparata così grossa. Ma in Tv l’hanno confermata: I tre volontari hanno confessato! HANNO CONFESSATO!. Chirurghi bombaroli. Non ci si crede. Anche le cazzate non sono più quelle di una volta”…


Ps. 17 Aprile 2010: I nostri eroi. Per leggere il discorso di Diego Cugia scritto per Emergency e letto in Piazza San Giovanni cliccate qui: Alcatraz-Italia

Link precedenti:
Con Emegency, riempiamo piazza San Giovanni
Con Emergency, niente da nascondere
Con Emergency, contro la Colonna Infame

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