domenica 18 aprile 2010

Emergency, sono stati liberati



Ansa: 18 aprile, 16:23
ROMA - Rilasciati i tre operatori italiani di Emergency.
Matteo, Marco e Matteo sono finalmente liberi.
In questi giorni Emergency è stata vittima
di una brutale aggressione in Afghanistan
e in parte anche nel nostro Paese.
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Con Emergency, cinquantamila persone in piazza
Con Emegency, riempiamo piazza San Giovanni
Con Emergency, niente da nascondere
Con Emergency, contro la Colonna Infame

Con Emergency, cinquantamila persone in piazza




Sulla buona strada. C'erano cinquantamila persone vere ieri in piazza San Giovanni a Roma. Evento straordinario per quest’Italia addomesticata dalla tivvù “MediaStato”. Soprattutto considerando che si è trattato di un appuntamento organizzato in tre giorni e senza il contributo né di partiti né di sindacati. Cinquantamila persone arrivate da tutta Italia con i propri “mezzi”. Numeri veri per vere persone per una solidarietà autentica e autorganizzata verso i tre operatori di Emergency sequestrati dal governo di Kabul una settimana fa.




Liberiamoli subito. I tre italiani sono Marco Garatti, coordinatore medico del progetto di Emergency in Afghanistan, Matteo Dell'Aira, infermiere capo dell'ospedale di Lashkargah, e Matteo Pagani, logista dello stesso ospedale. Assieme a loro sono stati fermati altri sei dipendenti afgani dell'ospedale.

Contro la guerra. Non è una manifestazione contro qualcuno ma contro qualcosa: contro la guerra. “E' la protesta di chi sceglie di stare dalla parte di una organizzazione umanitaria invece che dalla parte di chi, con la violenza, chiude gli ospedali” ha spiegato Gino Strada. E se entro la fine della settimana prossima non dovessero arrivare buone notizie, Emergency, assicura, tornerà in piazza". E a chiusura della manifestazione Strada ha invitato ad appendere stracci bianchi alle finestre: “perchè non vogliamo terrorismo, violenza e guerra nel futuro dei nostri figli”.
Folla per tutti. Sul palco di Piazza San Giovanni si sono alternati in molti e in molte. Ma il discorso che mi ha toccato di più è stato quello di Diego Cugia. Un passaggio per chi non c’era (e anche per me): “Quand’ero Jack Folla una ragazza chiese d’incontrarmi prima di partire da volontaria per un Paese africano. Venne a trovarmi qui a Roma. Aveva appena 19 anni, dei sandali da frate, una gonnellina a fiori, e degli occhi così azzurri che il cielo stesso, a guardarli, si sarebbe dovuto vergognare. Stava partendo per andare a dare una mano in un ospedale dei padri comboniani. “Ma vai così, a Fiumicino, adesso, da sola?” Questa piccola infermiera fece la faccia di chi scende un momento da casa per prendere il latte. “Certo. Perché?” E’ morta di Ebola pochi mesi dopo. E in Italia lo sappiamo in tre: il suo ragazzo, sua mamma e io. Anche per questo, da allora, sono amico di Emergency. Perché stimo queste persone nate per donarsi che poi si sperdono con la polvere, in un’unione di fuoco. E non c’è estintore che tenga. Le loro vite sono grandi notizie accese eternamente che la televisione non ci dà, ma che ci colmano di senso la vita. Perché sono le loro vite che ci danno forza. A me per esempio, da’ forza che esista Gino Strada, e migliaia e migliaia di volontari di Emergency e che ci siate tutti voi, per loro, in questa piazza. Ho dunque appreso dalla televisione italiana che anche questa parola, volontario, nel loro nuovo vocabolario, è cambiata. Ho sentito un ministro, appena saputa la notizia dei tre operatori di Emergency portati via dai servizi segreti afghani (perché, secondo loro, stavano ordendo un attentato), un ministro che ha detto, qualora la notizia si fosse rivelata vera, che si sarebbe vergognato di essere italiano, laddove non si era affatto vergognato di proclamare eroe un mercenario armato fino ai denti. La novità di oggi, quindi, il nuovo sinonimo italiano, è che i volontari sono “terroristi”. I mafiosi eroi di cui vantarsi, i mercenari martiri di cui andare orgogliosi, e i volontari di Emergency terroristi di cui vergognarsi. Neanche Pulcinella l’avrebbe sparata così grossa. Ma in Tv l’hanno confermata: I tre volontari hanno confessato! HANNO CONFESSATO!. Chirurghi bombaroli. Non ci si crede. Anche le cazzate non sono più quelle di una volta”…


Ps. 17 Aprile 2010: I nostri eroi. Per leggere il discorso di Diego Cugia scritto per Emergency e letto in Piazza San Giovanni cliccate qui: Alcatraz-Italia

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Con Emegency, riempiamo piazza San Giovanni
Con Emergency, niente da nascondere
Con Emergency, contro la Colonna Infame

venerdì 16 aprile 2010

Con Emergency, riempiamo piazza San Giovanni

Dobbiamo esserci. "La manifestazione a Roma domani sarà spontanea. Non vogliano che sia di carattere politico. Abbiamo invitato a lasciare a casa le bandiere o le insegne di partito. Non vogliamo che nessuno ci metta il cappello sopra. Vogliamo che sia una manifestazione di solidarietà con i tre colleghi italiani arrestati insieme ai colleghi afgani".
E' l'appello alla piazza lanciato da Gino Strada nei locali della Stampa Estera. Il fondatore di Emergency ha spiegato che il grande sostegno mostrato negli ultimi giorni dal pubblico - in 350.000 hanno risposto all'appello di "Io sto con Emergency" - ha indotto la Ong a cambiare sede alla manifestazione spostandola da Piazza Navona a Piazza San Giovanni. "Vogliamo garantire a tutti quelli che verranno domani la possibilità di ascoltare e di vedere il lavoro di Emergency. E' il modo migliore di dire grazie a chi ti sta dando una testimonianza di stima e di solidarietà. Speriamo che alle 14, 30 di domani la piazza si riempia di tante bandiere bianche. Vogliamo che sia una manifestazione di solidarietà con una organizzazione italiana estremamente rispettata in Afghanistan e non solo. In questi giorni abbiamo visto posizioni a favore dell'operato di Emergency da parte di Amnesty, della Croce rossa e dell'Onu. Credo che domani sarà la manifestazione di risposta a chi ha messo in dubbio l'operato di Emergency. Un governo italiano dovrebbe essere orgoglioso di una Ong nata in Italia che ha questa straordinaria reputazione internazionale per il lavoro che ha fatto".

Riportiamoli a casa. Matteo Pagani, Marco Garatti e Matteo Dell'Aira, i tre volontari di Emergency arrestati sabato scorso in Afghanistan, stanno bene. Lo rende noto la Farnesina dopo che stamane l'emissario speciale del Ministro degli Esteri per l'Afghanistan e il Pakistan, l'ambasciatore Massimo Attilio Iannucci, e l'Ambasciatore a Kabul, Claudio Glaentzer, hanno incontrato i tre operatori in una struttura detentiva nei pressi di Kabul. Questo è tutto l'impegno messo in campo dal governo italiano. E’ la plastica rappresentazione del ruolo servile del nostro Paese. In guerra per conto terzi. Strada, tenacemente, continua a chiedere la liberazione dei suoi collaboratori dell’ospedale di Lashskar-Gah e, in una lettera a La Repubblica ribadisce il ruolo pacifista della sua missione: "Curiamo tutti, non taceremo mai
 di fronte agli orrori della guerra".

Pacifisti fatevi vedere. Tre nostri cittadini sono finiti nelle mani dei servizi segreti di un paese straniero, sostenuto militarmente dai soldati italiani, detenuti illegalmente, senza garanzie, senza un capo di accusa e senza un avvocato e il governo italiano se l'è “presa comoda". Dov'è finito il movimento pacifista? Quello che qualche anno fa riempiva le piazze con le bandiere Arcobaleno? C’è da sperare che la manifestazione di domani risusciti il pacifismo italiano. Questa volta, però, l'unica bandiera "permessa" è quella Bianca.


Rischiano la tortura. Amnesty International, la più importante comunità globale di difensori dei diritti umani, è molto preoccupata per la sorte degli operatori umanitari di Emergency (3 italiani, 6 afghani), arrestati in questi giorni dalle autorità dell'Afghanistan. Chiede con forza al governo di Kabul di rispettare gli obblighi nazionali e internazionali in tema di amministrazione della giustizia nonché di garantire i diritti relativi al giusto processo. Il rischio è grosso. 
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty-Italia spiega: "L'isolamento favorisce la tortura, questo accade in Afghanistan e in molti altri paesi del mondo. L'accesso a organismi umanitari che possano effettuare visite e ispezioni nei centri di detenzione è una garanzia affinché l'incolumità fisica dei detenuti sia rispettata. Le norme internazionali sui diritti umani prevedono in ogni caso queste salvaguardie".

mercoledì 14 aprile 2010

Con Emergency, niente da nascondere


Niente da Kabul. A cinque giorni dal fermo, dei tre volontari di Emergency non si sa ancora nulla. "In questo momento - spiega Cecilia Strada, presidente dell'ong - ci sono tre famiglie, centinaia di colleghi e un'intera organizzazione in ansia perché sabato mattina eravamo al telefono con i nostri operatori a parlare di lavoro e il pomeriggio è calato il buio. Siamo tuttora nel buio". In attesa che l'audizione del ministro italiano degli Esteri Franco Frattini prevista oggi in Parlamento faccia un po' di chiarezza, è proprio questa mancanza d'informazioni a spazientire. E intanto sono già 200.000, in appena due giorni, le sottoscrizioni all'appello "Io sto con Emergency" che l'organizzazione di Gino Strada ha promosso sul sito www.emergency.it per sollecitare attenzione e solidarietà.
Matteo Pagani

Marco Garatti
Matteo Dell'Aira

Niente da nascondere. Per avere un’idea della montatura strumentale attorno al lavoro di Emergency basterebbe il commento di Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnom): lasciare uno scatolone "pieno d'armi" in un angolo di un ospedale in un paese dove le bombe sono vendute come le caramelle lascia pensare a "una grande trama da romanzo alla James Bond" più che al complotto ordito da medici volontari. "Tutti i governi, non solo quello italiano - conclude - dovrebbero prestare molta attenzione perchè si rischia di minare le basi di un movimento forte di solidarietà e vicinanza tra i popoli che le guerre dimenticano".


Io sto con Emergency. Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono i tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani. Emergency è indipendente e neutrale. Si legge sul sito dell'ong: dal 1999 a oggi ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 persone e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso. “Io sto con Emergency, liberi subito" è il titolo intorno al quale su facebook in poche ore si sono ritrovate migliaia di persone per manifestare il loro sostegno ai tre operatori sanitari arrestati sabato in Afghanistan. Per sabato prossimo, in piazza Navona a Roma, è stata promossa dalla stessa Emergency una manifestazione per protestare contro l’arresto di Matteo, Marco e Matteo D. (nelle foto sopra dall'alto in basso ndr).


Niente da confessare. Dopo i titoli sparati dei quotidiani di domenica che, rifacendosi a quanto scritto dal londinese Times, davano per scontata la confessione dei tre volontari, è arrivata la smentita del portavoce del governatorato di Helmand, Daoud Ahmadi che è la fonte dell'articolo firmato dal stesso giornalista britannico: Jerome Starkey. “Mi ha citato in modo sbagliato - ha dichirato Ahmadi - soprattutto per il riferimento di un legame fra gli italiani ed Al Qaeda. Tutto quello che ho da dire è quello che ho dichiarato il primo giorno, e non aggiungo altro perché le indagini sono ancora in corso". Secondo Ahmadi quindi i tre non sono legati ad Al Qaeda, non hanno confessato alcuna colpa ma "stanno collaborando, rispondendo alle domande". Contattato da Il Giornale, Ahmadi ha aggiunto che il presunto attentato "è responsabilità di alcuni individui e questo non significa che l’intero ospedale di Emergency doveva portare a termine la missione. Spero che gli italiani collaborino con noi per fare pulizia di certa gente con intenti criminali". Starkey dal canto suo ribadisce quanto scritto sul suo giornale: "Posso confermare che in due occasioni, domenica 12 aprile 2010 Daoud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, ha detto al telefono che tutti i nove arrestati avevano confessato sul loro ruolo nel complotto per uccidere il governatore Gulab Mangal. Ha fatto queste affermazioni al mio collega afghano e traduttore. Io sono rimasto abbastanza sorpreso quando ho sentito questa cosa, e ho chiesto che lo richiamassimo perché chiarisse le sue frasi. E' stato quello che ha detto nella seconda telefonata che è poi apparso nell’articolo". Per il governo centrale afgano invece ha parlato il portavoce del ministero dell’Interno Zamarai Bashary: "I tre uomini sono stati arrestati nel corso di un’operazione congiunta e adesso sono in corso gli interrogatori. Stiamo cercando di capire come queste armi siano arrivate lì".


Fascicolo in procura. Sul giallo degli arresti, la procura di Roma ha intanto aperto un fascicolo in "atti relativi", cioè senza indagati o ipotesi di reato: il procedimento è stato firmato dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti, coordinatore del pool antiterrorismo. A piazzale Clodio, comunque, si tende a escludere ogni collegamento con i sequestri del giornalista Daniele Mastrogiacomo e del free-lance Gabriele Torsello. Intanto il governo italiano prende tempo e distanze. Sarà consegnata, infatti, soltanto nelle prossime 48 ore la lettera del ministro degli Esteri Franco Frattini al presidente afgano Hamid Karzai nella quale si chiedono informazioni sui tre operatori.

La colonna infame. A chi fa paura Emergency? Al ministro Frattini? A Bruno Vespa? All’onorevole Gasparri? Alle pallottole vaganti? Alle mine anti-uomo? Al cartello italo-afhano dei mercanti di droga e armi? Alle missioni di pace? Al mercato delle missioni di pace rifinanziate automaticamente ogni sei mesi? Dimenticato qualcuno? Il Vaticano? Teme di perdere il primo posto nelle tasche dei contribuenti italiani "coattamente" abituati a versare l’obolo otto per mille? E poi c’è il mercato dei finanziamenti alle ong, e poi ci sarebbe la Croce Rossa... e la Nato? Dimentico? Dimentico? Fa paura ai servizi segreti afghani? Insomma il complotto è tratto. La colonna infamme è in movimento. I nemici di Emergency sono vivi e vegeti e lottano contro i medici che salvano vite umane a prescindere dalle tessere di partito, per dirla con Strada. Il mondo dell’associazionismo: Terre des Hommes, tra gli altri, chiede un intervento attivo della Farnesina “che ha la responsabilità di seguire tutti gli espatriati che si trovano in situazioni così delicate”. La rete della società civile italiana “Afgana” sollecita anche un intervento dell’Unione europea e chiede inoltre alla Nato di “chiarire definitivamente quale parte abbiano avuto i soldati Isaf nell’operazione e per quale motivo vi abbiano partecipato”, come dimostra un video diffuso dall’Associated Press.

martedì 13 aprile 2010

Con Emergency, contro la Colonna Infame

Ultime da Kabul. Emergency non ha ancora alcuna notizia dei tre volontari italiani arrestati sabato scorso nell'ospedale afghano di Lashkar-gah nel Sud dell’Afghanistan. La struttura, spiegano dalla ong di Gino Strada, è in questo momento in mano alla polizia afghana e al personale locale. Nessun operatore internazionale è più operativo nell'ospedale. In mattinata il personale internazionale dell'ospedale che ancora si trovava a Lashkar-gah, dopo l'arresto-sequesto di Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani, ha preso un volo per Kabul, diretto alle strutture di Emergency della capitale afghana. Si tratta di sei operatori, cinque italiani (di cui quattro donne) ed un indiano. Dal giorno dell'arresto dei connazionali, queste sei persone si trovavano nelle loro case e non erano più rientrati in ospedale. Alla base della decisione, presa dalla ong d'intesa con le autorità, anche motivi di sicurezza.














Io sto con Emergency. Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono i tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani. Emergency è indipendente e neutrale. Si legge sul sito dell'ong: dal 1999 a oggi ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 persone e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso. “Io sto con Emergency, liberi subito" è il titolo intorno al quale su facebook in poche ore si sono ritrovate migliaia di persone per manifestare il loro sostegno ai tre operatori sanitari arrestati sabato in Afghanistan. Sconcerto, dolore, rabbia, ammirazione e anche qualche frecciatina al governo italiano che domenica sera non ha certo brillato per spirito nazionale. Tanti i commenti, oltre a 70 mila firma di solidarietà, lasciati anche su sito ufficiale dell’organizzazione. Per sabato prossimo, in piazza Navona a Roma, è stata promossa dalla stessa Emergency una manifestazione per protestare contro l’arresto di Matteo, Marco e Matteo P. (nelle foto sopra dall'alto in basso ndr).

Niente da confessare. Dopo i titoli sparati dei quotidiani di domenica che, rifacendosi a quanto scritto dal londinese Times, davano per scontata la confessione dei tre volontari, è arrivata la smentita del portavoce del governatorato di Helmand, Daoud Ahmadi che è la fonte dell'articolo firmato dal stesso giornalista britannico: Jerome Starkey. “Mi ha citato in modo sbagliato - ha dichirato Ahmadi - soprattutto per il riferimento di un legame fra gli italiani ed Al Qaeda. Tutto quello che ho da dire è quello che ho dichiarato il primo giorno, e non aggiungo altro perché le indagini sono ancora in corso". Secondo Ahmadi quindi i tre non sono legati ad Al Qaeda, non hanno confessato alcuna colpa ma "stanno collaborando, rispondendo alle domande". Contattato da Il Giornale, Ahmadi ha aggiunto che il presunto attentato "è responsabilità di alcuni individui e questo non significa che l’intero ospedale di Emergency doveva portare a termine la missione. Spero che gli italiani collaborino con noi per fare pulizia di certa gente con intenti criminali". Starkey dal canto suo ribadisce quanto scritto sul suo giornale: "Posso confermare che in due occasioni, domenica 12 aprile 2010 Daoud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, ha detto al telefono che tutti i nove arrestati avevano confessato sul loro ruolo nel complotto per uccidere il governatore Gulab Mangal. Ha fatto queste affermazioni al mio collega afghano e traduttore. Io sono rimasto abbastanza sorpreso quando ho sentito questa cosa, e ho chiesto che lo richiamassimo perché chiarisse le sue frasi. E' stato quello che ha detto nella seconda telefonata che è poi apparso nell’articolo sul Times". Per il governo centrale afgano invece ha parlato il portavoce del ministero dell’Interno Zamarai Bashary: "I tre uomini sono stati arrestati nel corso di un’operazione congiunta e adesso sono in corso gli interrogatori. Stiamo cercando di capire come queste armi siano arrivate lì".

Fascicolo in procura. Sul giallo degli arresti, la procura di Roma ha intanto aperto un fascicolo in "atti relativi", cioè senza indagati o ipotesi di reato: il procedimento è stato firmato dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti, coordinatore del pool antiterrorismo. A piazzale Clodio, comunque, si tende a escludere ogni collegamento con i sequestri del giornalista Daniele Mastrogiacomo e del free-lance Gabriele Torsello. “Un Paese che ha Emergency dovrebbe andarne fiero - attacca Fausto Bertinotti, convinto che - prima ancora che politicamente è umanamente intollerabile che Emergency venga aggredita o non difesa come merita". Intanto il governo italiano prende tempo e distanze. Sarà consegnata, infatti, soltanto nelle prossime 48 ore la lettera del ministro degli Esteri Franco Frattini al presidente afgano Hamid Karzai nella quale si chiedono informazioni sui tre operatori.


La colonna infame. A chi fa paura Emergency? Al ministro Frattini? A Bruno Vespa? All’onorevole Gasparri? Alle pallottole vaganti? Alle mine anti-uomo? Al cartello italo-afhano dei mercanti di droga e armi? Alle missioni di pace? Al mercato delle missioni di pace rifinanziate automaticamente ogni sei mesi? Dimenticato qualcuno? Il Vaticano? Teme di perdere il primo posto nelle tasche dei contribuenti italiani "coattamente" abituati a versare l’obolo otto per mille? E poi c’è il mercato dei finanziamenti alle ong, e poi ci sarebbe la Croce Rossa... e la Nato? Dimentico? Dimentico? Fa paura ai servizi afghani? Insomma il complotto è tratto. La colonna infamme è in movimento. I nemici di Emergency sono vivi e vegeti e lottano contro i medici che salvano vite umane a prescindere dalle tessere di partito, per dirla con Strada. Il mondo dell’associazionismo: Terre des Hommes, tra gli altri, chiede un intervento attivo della Farnesina “che ha la responsabilità di seguire tutti gli espatriati che si trovano in situazioni così delicate”. La rete della società civile italiana “Afgana” sollecita anche un intervento dell’Unione europea e chiede inoltre alla Nato di “chiarire definitivamente quale parte abbiano avuto i soldati Isaf nell’operazione e per quale motivo vi abbiano partecipato”, come dimostra un video diffuso dall’Associated Press.

venerdì 9 aprile 2010

Vaticano, attacco dell’Armata Pedofili di Satana

L’inganno "a divinis". I sacerdoti cattolici che allungano le mani sui bambini (ma non solo) è lecito che rispondano ai tribunali civili e penali dello Stato in cui è stato commesso il delitto. Non possono “godere” di immunità “a divinis” come si è fatto fino ad oggi forti dei “sacramenti” ottenuti dalla Chiesa-Stato.
Siamo allo scandalo nello scandalo. Il prete pedofilo e i superiori che lo hanno “coperto” (e la scala gerarchica ci conduce fino ai vescovi, competenti sul territorio in cui si è consumato il delitto) non possono essere processati ed eventualmente condannati perché questo sarebbe un attentato “celato” alla Sacra Romana Chiesa ed al suo Capo: Joseph Ratzinger ribattezzato durante la sua incoronazione, avvenuta il 19 aprile di cinque anni fa, Papa-Re Benedetto XVI.
Imbroglio che sta in piedi grazie ad accordi, accordicchi e patti “internazionali” tra Stati (Italia in primis per ospitalità territoriale della Chiesa-Stato) e che fanno del Vaticano l’unica nazione che vanta i Santi in Paradiso e dunque si ritiene sovrana al resto del mondo. Non è la trama di un film o di un romanzo steampunk, purtroppo. Ma è la realtà anacronistica che stiamo vivendo in questi giorni.
Dovrebbe essere chiaro che un prete pedofilo commette un crimine come qualunque altra persona che non abbia giurato fedeltà ad un qualunque Dio. Dovrebbe. Ma per come siamo messi oggi, anno del Signore 2010, il prete (o la suora) che abusa sessualmente e psicologicamente del minore si salva per intervento divino. In Italia questo salvacondotto può arrivare attraverso due strade: quella istituzionale e quella mediatica. Nel primo caso è lo Stato-Chiesa-Vaticano a prendersi carico del prete peccatore: ne può chiedere l’estradizione per conto di Dio in virtù dei sacramenti conferiti al curatore di anime caduto in disgrazia. Nel secondo caso, in sospensione dei diritti “divini” in territorio italiano, c’è la possibilità che Bruno Vespa durante "la messa" in onda di Porta a Porta, con la collaborazione del capo degli esorcisti monsignor Gabriele Amorth, possa dimostrare la buona fede del prete caduto in disgrazia soltanto perché “amava” i bambini. In questo caso sarebbe tutta colpa di Satana. Purtroppo torno a ripetere, non c’è niente di cui rallegrarsi perché è quanto accade, raccontato “in parole povere” (le mie ndr).

Inferno vs Paradiso. Nelle ultime due puntate di Porta a Porta (7 e 8 aprile - per gli altri mondi è un programma della Rai, televisione pubblica) il conduttore Bruno Vespa si è impegnato nel presentare i “potenti” mezzi di Satana messi in campo per la conquista del mondo e l’annientamento del Vaticano e del suo attuale Re: Joseph Ratzinger. Insomma siamo alla guerra dei due mondi: Inferno vs Paradiso. Non una parola sui crimini dei preti. Non una parola sullo scandalo pedofilia. Ma tutto sul Re dei diavoli e la sua Armata del Male: con tanto di riferimenti storici (Lenin, Stalin e Hitler, condottieri puri al soldo del Maligno: “persone suggerite dal demonio che non aveva nemmeno il bisogno di possederle”). I diavoli - spiega l’esorcista - “si odiano tra di loro, sono gerarchizzati, quello che era dentro una ragazza non voleva andarsene perché altrimenti Satana, che è il capo, gliela avrebbe fatta pagare”. E facendo propria la tesi complottista ispirata da Satana, leggendo un articolo sul sito del quotidiano il Tempo, si ha la certezza che l’ora X per la battaglia finale contro Benedetto XVI stia per scoccare. Nell’articolo (on line datato ore 05.30 del 9/4/2010) scritto da Andrea Gagliarducci si legge: “prossimo passo sarà parlare di precarie condizioni di salute per il Pontefice, avviando - sui media - un sondaggio per la successione. Sarebbe questo, secondo alcuni osservatori interni, un seguito naturale degli scandali di pedofilia, che si sono concentrati - in escalation - prima sugli abusi, poi sulla persona del Papa, quindi sull'idea di Papato. Il cardinal Bertone, segretario di Stato, questo lo sa bene”. L’attacco finale, appunto. Colpa d’Alfredo? No! Di Satana. E non c’è da stare tranquilli. Certo a pensare male si fa peccato, ma se si ha “fede” si può essere assolti, così come insegnano nei corsi di esorcismo presentati da Vespa e monsignor Amorth su Rai1.

Il partito dell’amore. “Quando il Vaticano grida al complotto mostra un amore per la dietrologia tipico della politica Italiana. E chi viene accusato tende ad adottare il ruolo della vittima. Entrambe le tattiche sono state usate con successo dal primo ministro Silvio Berlusconi”. The Economist, 8 Aprile 2010.
Tant’è che il 19 aprile prossimo si terrà una manifestazione di piazza contro il complotto e per la “glorificazione” terrena di Benedetto XVI. L’Organizzazione Internazionale “Propaganda e Mistificazione” che si è mossa per l’Imperatore Silvio preparerà la festa anche per il Re del Vaticano. Slogan della manifestazione: «Non lasciamo solo il Papa». Annuncia l’articolo firmato da Ignazio La Rocca su Repubblica: “l'associazionismo cattolico scenderà in campo nei prossimi giorni per difendere Ratzinger dagli attacchi che gli stanno arrivando da più parti per lo scandalo dei casi di pedofilia nella Chiesa”. Ma non basta. “Tra i cattolici c'è chi intende passare dalle parole ai fatti, promuovendo una iniziativa popolare di solidarietà a Roma, forse proprio in piazza San Pietro. Lo fa capire in una nota Domenico Delle Foglie, direttore di piuvoce.net, sito dei cattolici in rete specializzati in bioetica. E guarda caso Delle Foglie è l’ex coordinatore del Family Day del 2007. Perché scendere in piazza il 19 Aprile? Per glorificare, appunto, il quinto anniversario dell’incoronazione del Papa-Re Ratzinger.

martedì 6 aprile 2010

Ru486, Avvenire fabbrica record aborti in Puglia

La notizia. La prima Ru486 sarà somministrata presso il Policlinico di Bari. A partire dalle prossime 24 ore. La donna che sarà trattata in regime di ricovero, piuttosto che il trattamento chirurgico, ha scelto in accordo con il medico di ricorrere al farmaco. E sono dieci le richieste di interruzione di gravidanza con il ricorso alla pillola abortiva che verranno messe in pratica nel nosocomio pugliese secondo il protocollo ufficiale di attuazione della legge 194.

La versione di Avvenire. Scrive Viviana Daloiso: “Sarà Bari, la città capofila della Ru486. Nella Puglia del record di aborti (318 su 1.000 nati, contro i 241 della media nazionale), là dove la corsa all’interruzione di gravidanza vede come protagoniste soprattutto le minorenni e dove appena l’11% delle donne si rivolge a un consultorio prima della decisione di rinunciare al proprio bambino, già la prossima settimana arriveranno le prime confezioni del farmaco. Ci sarebbe già una lista di donne pronte a farne uso: dieci, sembra, che hanno già inoltrato richiesta alla prima Clinica Ostetrica del Policlinico. A dire che i timori più volte espressi circa la possibilità che il farmaco favorisse la pratica dell’aborto – se non addirittura la incrementasse – non erano infondati”.
Il titolo dell’articolo pubblicato il 4 aprile da Avvenire rivelava in sé già una consapevole e cattiva informazione: “La Ru486 parte dalla Puglia? Qui già c’è il record di aborti”. Due precisazioni giornalistiche dovute a noi stesse: è vero che la somministrazione della pillola abortiva è prevista per domani nella clinica ostetrica del Policlinico barese. Non esiste nessuna conferma del record di aborti della regione rispetto al resto d’Italia.
Il medico intervistato dalla giornalista del quotidiano della Cei (con evidente consapevolezza) fa un ulteriore cattivo servizio all’informazione quando dice: «Si teme che per evitare il ricovero le donne possano utilizzare la "scappatoia" delle dimissioni volontarie – spiega il direttore del Dipartimento materno-infantile dell’ospedale di Venere di Bari, Filippo Boscia –. In quel caso chi risponderà, nel caso di complicazioni post-abortive, saranno gli stessi medici che hanno prescritto il farmaco».
Già le complicazioni della Ru486. E' qui che la giornalista vuole affondare il colpo di grazia contro la Puglia, contro le donne che abortiscono e contro i medici che fanno il loro dovere durante le interruzioni di gravidanza come previsto dalla legge 194. E ci riesce con l’aiuto dello stesso medico: «Ho seguito personalmente il caso di una 24enne di Bari che aveva preso parte alla sperimentazione della Ru486 – continua Boscia –. Si era rivolta a me per le gravi emorragie che, anche a mesi di distanza dall’aborto, non cessavano. Un decorso traumatico che l’aveva sconvolta, e non solo fisicamente. Aveva espulso il feto nel bagno di casa sua, e mi raccontò di essere svenuta per quella visione». Chi è in cattiva fede il medico o la giornalista? Tutti e due, evidentemente.
Il dottor B. giustifica il racconto di “un caso” non “facile” affermando: «Questa promessa può essere addirittura devastante in una regione come la nostra – dice Boscia –, dove così tante minorenni ricorrono all’interruzione di gravidanza e dove, oltre ai consultori, manca drammaticamente la presenza di servizi di accompagnamento psicologico nelle cliniche». Questi servizi, avverte la giornalista, “dovrebbero aiutare le donne nella loro difficile scelta, scongiurarne l’esito, comprenderne le cause e prevenire l’aborto”: «Ma la Regione, invece che muoversi su questo fronte – conclude Boscia – sceglie subito la Ru486».


L’altra verità Pugliese. Tutti obiettori i medici nelle strutture pubbliche sanitarie tarantine. La notizia è comparsa nello steso giorno in cui l’Avvenire pubblicava l’articolo volutamente mistificatorio sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Scrive infatti Maria Rosa Gigante il 4 aprile: “Per poter garantire, infatti, l’applicazione della 194 per l’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr) almeno per una seduta settimanale al SS. Annunziata ed almeno nei casi più gravi, quando ad esempio viene diagnosticata una malformazione del feto, l’Asl fa infatti ricorso ad un medico in “prestito” da una struttura privata accreditata dove è altrettanto possibile praticare l’interruzione di gravidanza in regime di convenzione. E’ la realtà a Taranto da alcuni anni ormai e che renderà altrettanto difficile l’attuazione dell’altra legge entrata in vigore dallo scorso primo aprile e che consente alle donne l’uso della pilolla abortiva, la Ru486. Ci si scontra sul terreno ideologico e politico, intanto. Ma c’è - almeno in alcune realtà – questa difficoltà di base legata appunto alla carenza sino alla quasi totale assenza di medici non obiettori”.

Ru486 ordini cattolici. Già. Proprio così. Le farmacie degli ospedali di “ispirazione cattolica” hanno già fatto gli ordini per non trovarsi impreparati alle richieste delle donne a partire da domani. Tanto che il distributore sul territorio nazionale della pillola abortiva, la Nordic Pharma Italia, lo scorso primo aprile, era già stato contattato da ben cinque strutture della Lombardia con “radici cristiane” tra le quali il Fatebenefratelli e il San Carlo Borromeo (tanto caro alla Lega) di Milano.

Non tappiamoci la bocca. Smascheriamo l’imbroglio. E pensare che la legge 194 venne firmata da due democristiani doc quali Giulio Andreotti e Tina Anselmi. Firmarono è ovvio per rispetto della volontà popolare, quel voto referendario che disse NO all’abrogazione della 194. Oggi l'invito del Vaticano a boicottale la Ru 486 suona come una sorta di rivincita proprio su quel referendum. Ma la lega non è la Dc. Soprattutto in questo momento la Lega deve fare da contro-altare alla componente "finiana" dichiaratamente laica all'interno del Pdl. Il Carroccio ha “semplicemente” bisogno di fare patti con il mondo cattolico - come ricorda Monica Lanfranco su il Paese delle donne – soprattutto dopo la frattura che si è creata tra le camice verdi e i pastori della Caritas sulla questione immigrazione e razzismo a partire dalla cacciata dei Rom da parte dei sindaci leghisti. Ma vescovi e leghisti non fanno fatica a trovare un punto di incontro sul “corpo delle donne”. Nel nome di una santa alleanza tra patriarcato e fondamentalismo religioso.
Ed ha ragione Natalia Aspesi quando ricorda: la morte della Ru486, potrebbe anche preludere a una revisione della legge 194 (non potrebbe, ma avverrà ndr). Ci sono ministri mistici o governatori tutto casa e chiesa che si svegliano pensando ai feti, e giù lacrime, e già si armano per mettere definitivamente le donne al tappeto con una legge che renda una interruzione legale più difficile che un Nobel al pensoso erede Bossi.


Ps. Mi conforta, ci deve confortare, l’immediata risposta delle donne ai neogovernatori leghisti Roberto Cota e Luca Zaia che hanno lanciato l’offensiva contro la pillola abortiva (per fare poi un apparente passo indietro, visto che le camicie verdi il 4 aprile hanno manifestato a Mantova contro la Ru486). Ma non basta. Piazziamoci a Torino. Le associazioni come Telefono rosa e Usciamo dal silenzio lanciano la manifestazione, il 25 aprile per difendere la libertà di scelta.


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