Concita lascia l’Unità. O meglio l’Unità lascia Concita De Gregorio. O ancora, meglio, il Pd di Pierluigi Bersani congeda la direttora che frena il vento riformista pronto a spazzare via anche le briciole rimaste sul tavolo delle alleanze che si sono consumate nel piatto unico delle amministrative, quelle (per i distratti ancora ebbri dei risultati elettorali e referendari) con la società civile, i movimenti e la Sinistra. Per dirla tutta la direzione De Gregorio non m’ha fatto impazzire, però ha avuto il pregio di riaprire il dibattito su alcuni temi sociali che altri giornali di Sinistra non hanno avuto la forza o la costanza di seguire. Anche perché oggi la stampa quotidiana di Sinistra non gode di autorevolezza e tanto meno di visibilità, tanto per fare nomi: Liberazione e Manifesto sono in crisi di identità e non solo per una difficoltà economica che li morde alla gola ma per una debolezza di linea editoriale legata evidentemente allo status delle rispettive direzioni. Ritengo, dunque, nonostante le distanze culturali e politiche che mi dividono dalle scelte e dalla narrazione del mondo firmata De Gregorio che la sua direzione all’Unità sia stata coraggiosa. Soprattutto più a sinistra della linea di Bersani. E questo lo sa bene anche l’attuale editore del quotidiano del Pd, Renato Soru. Quando, infatti, si parla di un giornale politico i risultati in termini di vendite contano relativamente. Le accuse di performance poco lusinghiere sono, in realtà, la giustificazione "principe" per l'avvicendamento di direttori non graditi alle segreterie dei partiti. Ed è altrettanto inverosimile far passare la cacciata di Concita come una non-riconferma del suo contratto in scadenza il prossimo 30 giugno. A questo punto è quanto mai necessario (prima che il Pd di Bersani sacrifichi l’istituto delle Primarie in nome della "governabilità con il centrodestra" e di ciò incarichi il prossimo direttore dell’Unità) che la Sinistra si guardi negli occhi e apra la questione stampa e propaganda di partito.
Compagne e compagni siamo imbavagliati. E non per colpa della censura praticata dal governo di Silvio Berlusconi ma per una incapacità della Sinistra di delegare la gestione della stampa a teste pensanti e autonome dalle tessere di partito e dalle segreterie. Ergo, oggi, gli editori dei giornali politici della Sinistra, siano essi nella forma partito, collettivo o azienda non sono in grado di sostenere strumenti che soddisfano la forte richiesta di identità del variegato popolo delle Primarie. Tant’è che la scelta della direzione dell’Unità come anche quella di Liberazione e paradossalmente del Manifesto non risponde a logiche di democrazia partecipata (checché ne dicano i superstiti del collettivo di via Tomacelli costretti a sperimentare condirezioni e rotazioni per non avere il coraggio di scegliere). A Sinistra è tempo di scelte, dunque, di Primarie anche per i direttori dei quotidiani di partito e assimilati. Ma ci vuole coraggio. Altrimenti ci meritiamo per il 2013 la proiezione a reti unificate di un film già visto: il ritorno di Prodi e della privatizzazione della democrazia. Se Bersani è riuscito a rendermi “simpatica” Concita De Gregorio significa che la situazione è grave ma non siamo ancora morti. Alziamo la testa, però. Magari con uno sciopero dei lettori della stampa e propaganda di Sinistra, tanto per cominciare. Basta mettersi d’accordo.